Benares, riva dell’anima

Benares è la città più sacra dell’Induismo. Oggi conosciuta come Varanasi, deve il nome ai fiumi Varuna, che scorre a Nord, e Assi che scorre a Sud.

Nel 1033 la città venne conquistata da Mahmud di Ghazni che la rase al suolo. Nel 1194 fu saccheggiata nuovamente dalle armate dei Ghuridi, fino ad arrivare al dominio di Ala-ud-din Khilji di Delhi che ne distrusse i templi superstiti per sostituirli con un grande numero di moschee. L’influenza islamica rimase fino al XVIII secolo quando il nome della città venne, per un breve periodo, cambiato in Mohammadabad.

Ogni anno milioni di pellegrini visitano la città, offrendo la straordinaria opportunità di respirare e vivere riti millenari.
Sulla riva occidentale del fiume Gange, edifici e vicoli oscuri si accavallano disordinati lungo i ghat, le famose gradinate che scendono lungo il fiume sacro.

Tra le numerosissime scalinate l’Assi Ghat è la più importante. Situato nel punto dove il fiume Assi confluisce nel Gange è considerato uno dei più sacri, viene infatti identificato come uno dei 5 siti dove i pellegrini dovrebbero bagnarsi nel corso della giornata, per rendere efficaci le loro preghiere.

All’alba, in una atmosfera onirica i ghat cominciano lentamente ad animarsi. Centinaia di imbarcazioni trasportano pellegrini e abitanti da un ghat all’altro. Quando il sole comincia a irradiare il suo calore ogni cosa prende forma, il riflesso nel fiume delinea con chiarezza l’inizio di una nuova giornata.

Lungo le gradinate, sacerdoti, indovini e astrologi impartiscono mantra ai credenti per garantire loro la salvezza.

In pochi minuti, i ghat brulicano persone. Un fluire di vita e di morte dove non esiste separazione.

La riva viene popolato da centinaia di sadhu che meditano praticando yoga, o vivono la loro spiritualità.

Qualcuno si immerge nel Gange, c’è chi si insapona e si sciacqua come fosse di casa e chi se ne sta assorto, seduto in meditazione sulle scalinate. Altri impegnati nel bucato ridono, scherzano tra loro. Tutti rigorosamente sulla sponda occidentale, perché Varanasi è sacra solo da questa parte. Oltre il fiume è tutto deserto.

Lungo il Manikarnika Ghat gli addetti preparano la legna per le pire dove vengono bruciati i corpi dei defunti. Il fuoco purifica, ed è questa la sorte che tocca ad ogni indù. Con alcune eccezioni; non hanno bisogno di essere cremati (perché sono già puri) i bambini, coloro che muoiono per il morso di un serpente, le donne incinte, gli animali e i sadhu.

Un susseguirsi di anime dove ognuno trova un posto e vive la propria esistenza.

Quando il crepuscolo colora di rosa il cielo, viene lasciato spazio alla cerimonia del fuoco, il Ganga Aarti. La celebrazione si svolge sul ghat principale dove i bramini eseguono un’elaborata puja (rituale di offerta) che ha come componente essenziale il fuoco. Migliaia di persone scendono le vecchie e imponenti scalinate per assistere alla cerimonia.

I lumini offerti dai fedeli avvolgono il silenzio del tramonto, la vita se n’è andata…

Il reportage è stato pubblicato dal quotidiano Avanti!